Di seguito una dichiarazione del consigliere regionale Wanda Ferro (Gruppo misto):
Nel corso dell’ultimo consiglio regionale, replicando all’informativa del presidente Oliverio sulla sanità, ho dato disponibilità a collaborare ad una battaglia comune per chiedere al governo la fine della dolorosa stagione di commissariamento. Ma questa disponibilità non può prescindere da due elementi: la condivisione di un progetto chiaro e concreto, che consenta di garantire realmente il diritto alla salute dei cittadini, e l’assunzione delle responsabilità che sono in capo alla Regione, prime fra tutte quelle che riguardano il lavoro dei direttori generali delle aziende ospedaliere e sanitarie che non hanno raggiunto gli obiettivi fissati, anzi hanno in alcuni casi aggravato la situazione debitoria, raggiungendo livelli sconfortanti. I manager nominati dalla Regione che non hanno presentato i bilanci e che non hanno raggiunto i risultati, dovrebbero già essere a casa. Inutile contestare il lavoro del commissario Scura se poi, da parte della Regione, anziché premiare la capacità e il merito si premia l’appartenenza, al punto da forzare persino la durata degli incarichi per fare conseguire i titoli a chi non li ha. Continuando su questa strada, i calabresi continueranno a pagare la più alta tassazione d’Italia per avere i servizi peggiori. La Calabria non vuole essere una colonia, ma deve anche avere la capacità di governare la sanità con senso di responsabilità, per assicurare un sistema all’avanguardia, capace di garantire i livelli essenziali di assistenza e di valorizzare le proprie eccellenze, capace soprattutto di liberare la sanità dalle ingerenze della politica, ma anche dai forti interessi non sempre trasparenti che ruotano intorno ad un settore che assorbe il sessanta per cento del bilancio regionale. L’elenco delle criticità è lunghissimo, si possono citare le lunghe liste d’attesa anche per esami banali – sei mesi per una radiografia -, le carenze di personale diffuse in tutte le strutture, ma particolarmente gravi nei pronto soccorso, che non riescono a smaltire l’elevato numero di accessi costringendo i pazienti ad attendere giornate intere sulle barelle, ma può essere citata anche una struttura di particolare importanza come la camera iperbarica di Vibo Valentia. A Catanzaro resta nella più grave incertezza il tema dell’integrazione con l’università, così come quello della realizzazione del nuovo ospedale, ma anche quello della cardiochirurgia del Sant’Anna Hospital, che viene fortemente penalizzata dalle scelte commissariali dopo l’attivazione della cardiochirurgia di Reggio Calabria, nonostante si sia ancora ben lontani dal diminuire la forte emigrazione sanitaria in questo settore particolarmente delicato. Proprio sul tema dell’emigrazione sanitaria bisognerebbe aprire un confronto con il governo, poiché la spesa per la mobilità passiva non è presa in alcuna considerazione nella griglia predisposta dal ministero per la valutazione dei Lea, che contiene tantissimi parametri assistenziali di scarsa percezione da parte dell’utenza, ma solo pochi indicatori relativi all’assistenza ospedaliera e nessuno alla mobilità. Quasi che nelle stanze ministeriali non ci sia la reale volontà di ridurre quella emigrazione che riempie le casse delle strutture del centro nord. La Calabria è ormai un bancomat di quelle regioni. Un paziente su sei emigra verso le strutture del centro nord, ciò si traduce in un costo di oltre 300 milioni di euro per le casse regionali. Non a caso il Sole 24 Ore osserva come il più grande ospedale della Calabria sia quello fuori regione. Se si vogliono contrastare questi fortissimi interessi economici che fanno leva proprio sulla scarsa qualità dei servizi nella nostra regione, la politica calabrese deve avere anche la capacità di liberarsi dalla sudditanza dalle logiche romane. Ha lasciato davvero perplessi che proprio i rappresentanti di Ap, il partito del ministro Lorenzin, si siano sottratti dal dibattito sulla sanità in consiglio regionale. Fa rabbia che alle promesse elettorali del ministro Lorenzin sull’ospedale di Locri, alle proteste dei sindaci e all’interessamento degli esponenti di Ap sia seguito soltanto l’invio degli ispettori ministeriali, in una struttura che sembra in via di smantellamento e che che vive una gravissima emergenza soprattutto per il funzionamento del pronto soccorso, mentre da due anni sono fermi i concorsi già autorizzati per individuare i primari di importanti reparti come Ortopedia, Radiologia e Ginecologia, mentre tanti medici ed infermieri stanno per andare in pensione ed il rischio di collasso è altissimo. C’è da chiedersi se in Calabria remiamo davvero tutti dalla stessa parte, o se le partite politiche vengono giocate sulla pelle dei cittadini e sul loro bisogno di salute. Solo se si farà un’operazione di chiarezza e ci sarà una piena assunzione di responsabilità la battaglia per riportare in Calabria il governo della sanità potrà essere condivisa, autorevole e credibile.