L’analisi dei flussi migratori universitari rivela un fenomeno preoccupante: dalle piccole regioni come Basilicata e Valle d’Aosta, fino alla Calabria, sempre più giovani scelgono di studiare lontano da casa
L’università italiana continua a vivere un fenomeno di migrazione interna che vede migliaia di giovani lasciare le proprie regioni d’origine per inseguire il sogno della laurea in atenei lontani da casa. Secondo una recente analisi condotta dal portale Skuola.net, elaborando i dati del Ministero dell’Università e della Ricerca, nel 2022/23 ben 391.000 studenti scelgono di studiare in università situate in regioni diverse da quelle di residenza. Questo numero rappresenta il 24% degli oltre 1.600.000 immatricolati censiti, escludendo le università telematiche.
Il fenomeno può essere letto sia in termini percentuali che assoluti. Dal punto di vista percentuale, sono le regioni più piccole o con una popolazione ridotta a registrare le quote più elevate di studenti in partenza. Basilicata e Valle d’Aosta, con un tasso di esodo del 72%, guidano questa classifica, nonostante la presenza di atenei locali. A seguire, Molise con il 58% e le Province autonome di Trento (51%) e Bolzano (44%).
Anche la Calabria non è esente da questo trend, con il 37% dei suoi studenti che decide di proseguire gli studi fuori regione. Il fenomeno è evidente anche in altre regioni come Abruzzo (39%), Puglia (35%), Marche (34%), Liguria (30%) e Friuli Venezia Giulia (28%).
L’esodo universitario solleva interrogativi sulla capacità degli atenei locali di trattenere i propri giovani e sulla necessità di politiche che incentivino lo sviluppo e l’attrattività delle università sul territorio nazionale. Con la continua migrazione di giovani talenti verso altre regioni, il divario tra Nord e Sud rischia di ampliarsi ulteriormente, con ripercussioni a lungo termine sul tessuto sociale ed economico delle aree meno sviluppate del paese.
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